“D’Annunzio e il piacere della tavola. La seduzione, il sublime e il suo
rapporto con il Futurismo”.
A cura di Fabiana Mendia
Letture di Sergio Basile
D’Annunzio è un poeta modernissimo e non solo per il dominio di invenzione
illusionistica su una straordinaria e labirintica (e pur dominata) dispersione, ma anche
per il modo di estrema consapevolezza con cui operò fin nelle minime variazioni,
modo assai rivelatore per chi vuole leggerlo. Egli sapeva fin da “Primo Vere”, che
cosa non avrebbe voluto essere, ma nello stesso tempo sin dai primi scritti si
manifesta un sistema di procedure verbali che poi troverà ben altre astuzie, e abilità,
e artifici, e giochi di illusioni spaziosi e musicali in echi rispecchiati senza fine. E si
sa che la consapevolezza, che la poetica fa per metà la poesia.
Un racconto che sviluppa le pagine dannunziane in quattro fasi, per scandire la
carriera dello scrittore: il tempo del “verismo” (speciale come ogni formula per
D’Annunzio), la stagione dell’estetismo, il tempo del mito classico e infine la
parabola notturna. E poi delle pause per riflettere sul periodo francese, sugli incontri
mondani, sui rapporti con gli artisti, con le dive divine, con gli amici simbolisti; e
ancora, le avventure interventiste, le imprese eroiche.
I suoi rapporti con il cibo e la tavola sono oggetto di interessanti interpretazioni,
quando si leggono le sue annotazioni anche se scarse, tuttavia, nelle pagine dei suoi
romanzi . Un’idea invece più approfondita sui suoi gusti la possiamo trarre ripercorrendo gli anni trascorsi nella Villa Cargnacco, sulla riva lombarda e bresciana
del lago di Garda. Qui, la fedele Albina asseconderà i suoi capricci e desideri
gastronomici essendo disposta a cucinare per il poeta in qualunque momento della
giornata, anche durante la notte se era necessario, per nutrire le affamate ospiti di
passaggio. D’Annunzio era goloso di dessert, che egli elogia come l’apice della
cucina per il suo aspetto decorativo. Per lui il vero lusso d’una mensa era proprio il
dolce: i soffioni abruzzesi di pasta frolla ripieni di ricotta, il parrozzo a forma di
emisfero ricoperto di cioccolato fondente, o il “mangiaretto” di fragole, una
macedonia di fragoline di bosco con zucchero e limone, aromatizzato con liquore. Le
abitudini alimentari, le credenze, le pratiche e le rappresentazioni del cibo sono
sicuramente espressioni di un’identità culturale: D’Annunzio non amava però
mangiare con i suoi ospiti, non amava il consumo condiviso nella dimensione
conviviale. La legittima volontà di ricerca del piacere, in cui la nutrizione è
importante, il godimento del cibo essenziale: però D’Annunzio esteta non amava
condividere l’esperienza del mangiare e del bere, anche se ovviamente è ben chiaro
che è un’esperienza ricca di implicazioni emotive, salutistiche, edonistiche, etiche,
sociali.
La cantina del Vittoriale, fornita di vini pregiati italiani e francesi, ha permesso poi di
sfumare sulla affermazione che D’Annunzio non amasse bere: sicuramente una così
raffinata selezione di bottiglie non può che sottolineare la sua evidente attenzione al
bere un buon calice, quando era opportuno bere, per iniziare a conoscersi meglio con
amici e amiche che lo andavano a trovare per la prima volta, oppure invece per
brindare a un incontro con compagni di viaggio del passato.
I rapporti con Filippo Tommaso Marinetti furono sempre vivaci e spesso si creavano
dei cortocircuiti che tuttavia giovavano a entrambi: D’Annunzio provava a contenere
la sua vena di vanitoso passatista lirico e Marinetti sempre pronto a deragliare,
rientrava saltuariamente nei binari di una produzione letteraria eccentrica,
pirotecnica, istrionica, talvolta ingenua. Incontro, scontro tra i due poeti, artisti ed
eroi che guardano al domani comprendendo in maniera temeraria quanto la sfida, o
meglio, il pericolo, fosse l’asse della vita sublime. E ovviamente per Marinetti la
pastasciutta non poteva essere l’alimento principale a tavola per gli italiani:
appesantiva e rallentava il dinamismo e la vivacità creativa. Meglio il riso!
L’ ARTperitivo
Dibattito di arte, aperitivo e degustazione
“D’Annunzio e il piacere della tavola. La seduzione, il sublime e il suo
rapporto con il Futurismo”.
A cura di Sergio Basi
Letture di Yuri Napoli
Giovedì 23 marzo, ore 19.00
Spazio FARE, Mercato Centrale di Roma, via Giolitti 36
La quota di partecipazione al dibattito d’arte e all’aperitivo degustazione
25 euro
Info e prenotazioni: info.roma@mercatocentrale.it
06 46202900
Oppure.
fabianamendia@arteindiretta.it
340-4885474