IL GUSTO DI RACCONTARE
crostacei, pesci, molluschi e frutti di mare nei dipinti, sulle tavole e nelle cucine
a cura di Fabiana Mendia
Mercoledì 22 novembre ore 18,30
Spazio FARE, Mercato Centrale, Via Giolitti 36, Roma
ARTEINDIRETTA presenta mercoledì 22 novembre alle ore 18,30, presso lo Spazio FARE del Mercato Centrale, IL GUSTO DI RACCONTARE – crostacei, pesci, molluschi e frutti di mare nei dipinti, sulle tavole e nelle cucine, progetto a cura di Fabiana Mendia, con letture di Sergio Basile. L’appuntamento, promosso da Mercato Centrale, è il primo di un ciclo di incontri che intende approfondire i rapporti tra Arte e Cibo attraverso la trattazione parallela di letture di dipinti (nature morte, scene di genere, di mercati, di banchetti, di cucine) e approfondimenti di testi gastronomici, dall’antico al contemporaneo.
Stupefacente e misterioso, il mondo dei pesci ha affascinato fin dalla più remota antichità l’immaginario dell’uomo. Da sempre fonte di sostentamento vitale, poi volano nel processo di accumulazione del capitale tra medioevo ed età moderna e, in seguito, motore di un settore industriale di prima grandezza, il pesce ha assunto valenze che trascendono l’aspetto meramente alimentare per definirsi come protagonista di raffigurazioni artistiche e veicolo di significati simbolici.
Salmoni e orate dai colori cangianti, crostacei con i loro carapaci lucenti, molluschi e frutti di mare dalle forme insolite hanno da sempre affascinato gli artisti per il loro scintillio e i sorprendenti effetti cromatici. Sin dall’antichità reiterati in motivi unidirezionali o utilizzati come riempitivi, si connotarono immediatamente come figure privilegiate nella produzione figurata greca e romana. Rappresentati con dovizia di dettagli nell’arte precristiana, a testimoniarne l’importanza nell’economia di popoli che prosperarono a ridosso del mare, nei secoli successivi a essi fu riservato un posto d’onore nelle rappresentazioni d’arte sacra. Dal Medioevo in poi la presenza della fauna ittica nelle opere pittoriche fu legata soprattutto alla simbologia del cristianesimo. Innumerevoli sono le rappresentazioni dell’Ultima Cena o di altri banchetti in cui il pesce si accompagna agli altri cibi sacri, il pane e il vino. Anche nelle nature morte, basate su precisi codici simbolici, il pesce denotò Cristo, i crostacei furono assunti a simbolo della vita dopo la morte e i molluschi allusero alla fertilità femminile.
Con l’emanciparsi dell’arte dalla religione, la loro fortuna nell’arte non subì contraccolpi e nelle tavole imbandite della fine del Cinquecento e del Seicento la fauna marina fu sempre molto presente. I fiamminghi Pieter Aertsen, Joachim Beuckelaer e il cremonese Vincenzo Campi offrirono nelle loro opere una viva enfatizzazione dei cibi e dei luoghi a essi connessi. Rovesciati sui banchi dei mercati dal Mediterraneo al Mar del Nord o boccheggianti sugli arenili e nelle grotte, scorfani rosso cupo, astici fiammeggianti, ostriche lucenti continuarono inamovibili a creare caleidoscopici giochi di luce, circondando popolani in pose lascive e ammiccanti con sottesi intenti moraleggianti.
A Napoli si costituirono dinastie di specialisti legati da vincoli di sangue come i Recco e i Ruoppolo, figure chiave della natura morta che, con abilità e padronanza della materia, donarono ai pesci ritmo e fremiti di vita. Anche l’ultimo rappresentante di una stagione particolarmente felice per la pittura di genere, il francese Chardin, rese i pesci protagonisti in alcuni suoi capolavori assoluti come nel caso de La razza conservata al Louvre. Tra Ottocento e Novecento esempi di pesci continuarono imperterriti a essere dipinti. Autori italiani e stranieri, da Manet a Renoir, da Picasso a Braque, da De Chirico a de Pisis, non hanno trascurato un soggetto che fin dalla più remota antichità non ha mai perso il suo fascino.
Sulle tavole, nei mercati, nei dipinti, tutto l’incanto del mondo sommerso.