Tracce di Pietra: la collezione dei marmi di Palazzo Venezia di Fabiana MENDIA
Dal 1900 Palazzo Venezia assume una posizione di primo piano indiscussa, è il fulcro del vero centro urbano, confermata nei decenni successivi dagli sventramenti operati per costruire i Fori Imperiali e, ribadire così, all’edificio e alla piazza antistante, l’importanza nella Roma moderna. Una storia complessa e molto articolata, avvincente nell’interpretazione, nella lettura di centinaia di documenti e nella decifrazione delle testimonianze, che ha coinvolto negli ultimi anni Maria Giulia Barberini (storica della Soprintendenza al Polo Museale Romano) e una ricercata èquipe di studiosi, intorno allo studio della imponente costruzione e delle sue collezioni archeologiche, medievali e rinascimentali, che oggi sono decifrabili nell’attuale sistemazione del Museo di Palazzo Venezia, adiacente alla Basilica di San Marco.“Il volume “Tracce di Pietra” evidenzia sia le vicende storiche della residenza che la parte di approfondimento scientifico, relativa al catalogo dei materiali lapidei ha sottolineato Emmanuele Francesco Maria Emanuele, Presidente della Fondazione Roma, tra i sostenitori della ricerca sugli splendori e la fama dell’edifico. “Un contributo fondamentale per la conoscenza di un nucleo del patrimonio storico-artistico della nostra città, frutto di un’esperienza filologica rigorosa che ha portato a rinnovare l’idea del Lapidario e a ripensare alla risistemazione del Museo”. La prima fase della costruzione del Palazzo storico risale al 1440, quando il veneziano Pietro Barbo (pontefice nel 1464 con il nome di Paolo II ), nominato cardinale a soli 23 anni, fa restaurare una dimora adiacente alla basilica per stabilire la sua residenza nell’urbe, alla quale si aggiungeranno successivamente altri edifici e orti.
Il primo ingrandimento si riconosce con la costruzione del palazzo cardinalizio e della grande torre accanto alla chiesa di San Marco, a cui seguirà, pochi anni dopo, la costruzione del palazzo papale che si affaccia sull’attuale piazza Venezia e sul lato di quella che, oggi, viene denominata via del Plebiscito e del viridarium. Morto il fondatore prematuramente il palazzo rimane incompiuto e inizia una fase tormentata della sontuosa residenza sulla piazza a ridosso del Campidoglio, che porterà alla chiusura delle arcate del giardino papale, trasformato nel “palazzetto San Marco”. Ma per capire quello che oggi è sotto gli occhi di tutti, l’autrice del testo (editore Campisano) Maria Giulia Barberini mette bene in evidenza il capitolo che riguarda la demolizione del convento e dell’orto dell’Aracoeli, della torre di Paolo III Farnese, del palazzetto di Venezia (poi ricostruito) e delle case che chiudevano piazza San Marco e le strade adiacenti, per far posto al Monumento a Vittorio Emanuele II, progettato da Giuseppe Sacconi e terminato però solo nel 1911. TORNA AGLI ARTICOLI