Tiziano, cantore della Serenissima di Fabiana MENDIA
Un agente per amico. Pietro Aretino, letterato e commentatore mordace, dopo la calata dei Lanzichenecchi di Carlo V fugge da Roma nel 1527 e arrivato a Venezia stringe un solido sodalizio con Tiziano, protagonista della quindicesima monografia presentata da Vittorio Sgarbi, da domani in edicola con "Il Messaggero", il pittore più celebre della Serenissima e l'artefice dell'elevazione del ruolo dell'artista da "artigiano" a "professionista". Prima di raggiungere i vertici, diventare il pittore ufficiale degli Asburgo, ricercato ritrattista alle corti degli Estensi, dei Gonzaga, dei della Rovere e dei Farnese, frequenta le botteghe del mosaicista Zuccato, di Gentile e Giovanni Bellini e nel 1508 incontra Giorgione con cui lavora al Fondaco dei Tedeschi. La sua giovinezza ruota intorno alla collaborazione al fianco del pittore di Castelfranco e le affinità artistiche sono così simbiotiche da creare incertezze sull'attribuzione tra maestro e allievo delle opere del primo decennio del '500; come "Il Concerto interrotto", "Il Concerto campestre" e le "Tre età dell'uomo". Nei ritratti, l'assimilazione dello stile è ancora più eclatante: Tiziano copia l'impostazione della figura a mezzobusto, vista di tre quarti e la resa precisa dei dettagli. Valga per tutti, il "Ritratto d'uomo" della National Gallery che si richiama alla "Vecchia" di Giorgione.
Gli esordi sono indubbiamente brillanti, ma deve sempre fare i conti con la concorrenza. La morte improvvisa per un'epidemia di peste nel 1510 dell'"eccellentissimo pittore" fa salire Tiziano alla ribalta e sbaraglia in poco tempo Bellini ultraottantenne, Carpaccio in discesa e Lotto partito per le Marche e Roma. Adesso, ha tutto lo spazio e indubbiamente le capacità per imporsi come pittore ufficiale della Repubblica, aprire bottega, e lavorare per una committenza esigente che se lo contende sia per i ritratti che per i temi allegorici e religiosi.
Con l'"Assunta" dei Frari il solenne linguaggio dell'emozione fa il suo ingresso. La Madonna e gli apostoli hanno gesti combinati secondo una linea espressiva forte e contrastata. Sconcerta i pittori veneziani non ancora pronti a cogliere le novità dei suoi timbri cromatici, stupisce per le dimensioni fuori misura e per la luce che gioca un ruolo nuovo. E appare evidente il dialogo con le opere contemporanee di Michelangelo e Raffaello. Da questo momento la sua fama non avrà confini. Dipinge per il legato pontificio bresciano Averoldi, per Filippo II, per i principi della Dieta Imperiale. Diventerà ricchissimo, la sua casa di Venezia sarà frequentata da aristocratici, letterati e galantuomini. Muore nel 1576, lasciando ai posteri una produzione vastissima in cui si può seguire il suo percorso dalle poetiche classiciste dei "Baccanali", alla fase del naturalismo illusionistico, ai cedimenti verso il Manierismo, fino all'ultima stagione in cui abbandona ogni riferimento alla forma per concentrarsi sul colore, che sfatto e indefinito dà consistenza al Cristo deriso sepolto sotto gli sgherri nell'"Incoronazione di Spine" di Monaco. TORNA AGLI ARTICOLI