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Bernardo Siciliano di Fabiana MENDIA

Un grande manto rosso aderisce alla parete e una grande piega al centro crea un‘ombra verticale e precisa che taglia a metà la spalliera che delimita lo spazio in cui è collocata Janelle, seduta su uno scranno dello stesso colore. E’una delle donne protagoniste di “Nude city”, insieme ad altre come “Fabia”, “Bloody”, dipinte da Bernardo Siciliano con un sentimento di classicità che lo avvicina ad alcune pale di Giovanni Bellini, conseguita con accordi cromatici calibrati e seguendo una via per sollecitare la mente a riconoscere gli aspetti della vera bellezza, lungo un percorso pittorico, poetico e musicale radicato sia in un certo tipo di emozioni sia nella speculazione intellettuale. Da mercoledì prossimo, una raccolta della sua ultima produzione sulla figura umana, insieme al suo “passato”dedicato alle vedute di New York, la città dove ha scelto di vivere dal 1996, è visibile al Macro Testaccio - La Pelanda fino al 25 luglio, a cura di Lea Mattarella e Maria Ida Gaeta.
Perché i nudi dopo dieci anni di inquadrature di zone sopraelevate e di panorami metropolitani che richiamano certi teatri del silenzio hopperiani e i realismi metafisici delle zone industriali di Scheeler, non erano più al centro del suo pensiero. “Dopo le due ultime mostre in Italia nel 2005, al Chiostro del Bramante a Roma e al Palazzo della Ragione a Milano- spiega Siciliano al telefono dal suo studio nel quartiere di Dumbo, sotto il ponte di Brooklin- ho capito che avevo voglia di raccontare le donne di oggi. Sicuramente l’influenza della tradizione pittorica rinascimentale ha giocato il suo ruolo. E’ un conto che ogni pittore italiano, penso debba pagare, prima o poi, in qualunque parte vada poi a vivere”.
Bernardo Siciliano non nega anche che a un certo punto ha avvertito un senso di solitudine nel rappresentare soltanto il paesaggio urbano, l’invisibile profondità delle strade dove la vita continua negli interni e nel modo che le era proprio e dove spesso, in certi pomeriggi d’inverno, non si vede altro che una leggera foschia che sembra immobile e tuttavia pare a volte che si possa eliminare senza fatica. “La sensazione è stata profonda - ribadisce l’artista romano. Percepivo, dopo quel viaggio in Italia una New York diversa, avevo paura di perdermi in questa città che sentivo come un labirinto magico nella sua offerta di possibilità illimitate.

Gli Stati Uniti sono un Paese in cui può essere anche facile smarrirsi per quanto possano affascinare alcuni luoghi dove la città appare divisa dal cielo dall’aria e questo provoca un piacevole senso di straniamento”. Le nitide geometri delle architetture, le immagini essenziali di una pittura fotografica che dimostrano nelle grandi tele di vedute metropolitane, zoomate spesso dall’alto, come l’approccio realista sia in grado di trasferire nell’arte di Bernardo Siciliano una pittura priva di qualunque dogmatismo. Le sue città sono visibili, sono luoghi dell’incontro, i luoghi in cui possono scendere anche gli “angeli”, quelli in cui gli uomini affrontano il dolore e la vita e superano la solitudine. Siciliano interpreta la serie di paesaggi metropolitani con visioni incomplete e tagli cinematografici. Il pittore è lucido, non è stordito da nostalgie né confuso dai sogni. Il disordine è altrove. E solo quando arriva l’estate Bernardo Siciliano viene in Italia, dove nei cieli le nuvole in questa stagione non fanno scudo al sole.
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