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La Forma del Rinascimento di Fabiana MENDIA

Non sono stati annunciati colpi di scena dai curatori Claudio Strinati e Claudio Crescentini, ma la raccolta di sculture esposta da ieri nel Museo di Palazzo Venezia, rinunciando al sensazionalismo delle azzardate attribuzioni, conferma che gli attenti e scrupolosi studi storiografici, supportati da ricerche documentarie e archivistiche possono portare ad allestire una mostra di rigore scientifico eccellente e contemporaneamente godibile per il pubblico degli appassionati dell’arte. Donatello, Andrea Bregno, Michelangelo sono i protagonisti, insieme a una cerchia ristretta cerchia di altri maestri meno noti, come Silvestro Aquilano, Giovanni Dalmata, Mino da Fiesole, della mostra “La Forma del Rinascimento e la scultura a Roma del Rinascimento”, organizzata dalla Soprintendenza per il Polo Museale di Roma e da “Civita”.

La conoscenza dell’arte classica, riprendendo spunti dalla scultura per lo più ellenistica, per trarre ispirazione per ricreare il corrispondente moderno di tale produzione antica, è la chiave di lettura che aiuta a comprendere l’iter dei tre maestri e per esteso tutta la cultura del XVI secolo. Per comprendere il tema, di grande impatto, all’inizio del percorso museale, appare la “Protome equina” di Donatello in bronzo, modello per il monumento equestre di Alfonso d’Aragona, esposto a pochi passi dalla testa in gesso del “Gattamelata”, studio per il monumento dedicato al condottiero della Repubblica Veneta. Stimolante per comprendere il grande genio di Michelangelo, interprete della produzione antica caratterizzata da attitudini “che non in tutto si storcono, ma si vanno in certe parti movendo” e dall’ esibizione di una “graziosissima grazia” fondata sulla contrapposizione di “dolcezza” e “asprezze” (riporta Vasari nelle “Vite”) l’analisi delle sei opere di Andrea Bregno, proveniente da una famiglia di scalpellini lombardi e a capo di una fiorente bottega nella città dei papi. L’ “Eolo”, attribuito a Michelangelo, nell’ultima sala, conclude il percorso. L’altorilievo, dalla chiesa della Maddalena di Capranica, fu commissionato da Marta Porcari, la nobildonna che chiese al maestro toscano di scolpire il “Cristo porta croce”, oggi conservato nella chiesa di S. Maria sopra Minerva.
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