Lettere solide e messe bene in vista su figure, persone, animali e oggetti che permettono di comporre parole e frasi. Parte allora la sfida del giocatore di rebus che ha di fronte l’ennesima composizione cifrata da interpretare: senza farsi ingannare da facili soluzioni, facendo attenzione alle assonanze, deve raggiungere nella combinazione un significato logico. “Ah, che rebus! Cinque secoli di enigmi fra arte e gioco in Italia”, a cura di Antonella e Ada De Pirro (con la consulenza di Stefano Bartezzaghi), introduce con ricchezza di documenti e raffinata selezione delle opere un tema di grande fascino e di stimolo, per la scoperta delle ambiguità e la lettura dei diversi codici espressivi, decifrabili non sempre facilmente, sottesi tra le illustrazioni, le scritte, le abbreviazioni e le contrazioni linguistiche. La mostra, organizzata per concludere le celebrazioni che ricordano i 35 anni della fondazione dell’Istituto Nazionale della Grafica, diretto oggi da Maria Antonella Fusco, pone il visitatore di fronte a divertenti rompicapi e indovinelli, decifrabili su tele, libri antichi e moderni, riviste, fogli e video.
Una riproduzione del celebre ritratto di Lucina Brembati di Lorenzo Lotto (il dipinto è esposto, attualmente, alla mostra “I Grandi Veneti”, al Chiostro del Brabante) avvia, emblematicamente, il percorso dei giochi di parole rappresentati nelle arti figurative, dal XVI secolo al XXI, allestito nelle sale di Palazzo Poli. Sul quadro, in alto a sinistra, è visibile il rompicapo, Lu-CI-na, che allude al nome della donna, suggerito da lettere e da una falce di luna. Agostino Carracci, invece nel ‘600, realizza l’incisione, “Ogni cosa vince l’oro”,riferendosi a un passo dell’”Ars amandi” di Ovidio, suggerendo il soggetto alla base della stampa con un indovinello cifrato e disegnato.
Operando un lungo salto, fino al ‘900, sfiorando i controsensi e giochi di parole di Duchamp e Magritte, nel 1932, con la fondazione de “La settimana enigmistica” si affermano i redattori Giancarlo Brighenti (detto Briga) e Piero Bartezzaghi (detto Zanzibar). Accanto a loro emerge Maria Ghezzi, l’autrice più celebre di vignette del periodico del settore più diffuso in Italia, il cui lavoro ha ispirato Renato Mambor nella serie “Abbraccio, abbracciare” del 1965. TORNA AGLI ARTICOLI