Natale napoletano a Palazzo Altemps. Più di cento pastori e figuranti, angeli, greggi e animali da cortile, insieme ai personaggi d’obbligo, Gesù, Giuseppe, Maria e i Re Magi, di quella straordinaria commedia dell’arte che è il presepe in terra partenopea, fanno il loro ingresso, vociando, chiacchierando, friggendo frittelle, cavalcando elefanti, cavalli arabi, vendendo taralli, combattendo con i polli tenuti per le zampe a testa in giù, nel teatro del Museo Nazionale Romano. La mostra sull’antica e inimitabile tradizione artistica, colta in un’accezione esclusivamente naturalistica e volta all’analisi minuta e affettuosa degli aspetti e dei personaggi tipici del popolo, che ha avuto i suoi momenti di gloria nella Napoli spagnola e borbonica, è stata annunciata, ieri mattina, da Francesco Maria Giro, sottosegretario per i Beni e le Attività Culturali, nella sede del dicastero del Collegio Romano. “Roma, la nuova capitale che ospita un’istituzione antichissima della vecchia capitale del Regno delle Due Sicilie- annuncia con entusiasmo la curatrice dell’evento Annamaria Romano- con una strabiliante rappresentazione di arte scultorea, proveniente dalla reggia di Caserta, che esalta le nostre radici culturali, e presenta alcuni aspetti di una città cosmopolita, che nella seconda metà del ‘700, aveva raggiunto con Carlo e Ferdinando di Borbone alti livelli di imprenditorialità e di attività artistica”.
“Il Presepe Reale e le vestiture del Popolo”, da sabato fino al 22 febbraio, esalta e fa conoscere a un pubblico di non napoletani, una passione di un suo re, di Don Carlos, come lo chiamava bonariamente Luigi Vanvitelli, l‘architetto che ha costruito tante residenze reali. La magia di quella notte in cui il racconto evangelico appare quasi sommerso da quell’artificio di invenzioni, così caro alla fantasia popolare, travolto da una moltitudine di personaggi prettamente napoletani e tratti dalla vita di tutti i giorni. “La celebrazione è suprema in questo prezioso esemplare, l’unico esistente di committenza reale- spiega la Romano. Gli abiti sono stati realizzati tutti con i cotoni, le sete e i damaschi della Manifattura di San Leucio, l’antica fabbrica fondata da Carlo di Borbone, nei pressi della residenza di Carditello”. Le strampalate risse, le scene caricaturali, il realismo episodico di questa fiaba ricca di metafore del popolo napoletano che si presenta con cento “pezzi”, firmati dai grandi scultori del ’700, come Sammartino, Viva, Celebrano, è stato interpretato dal soprintendente Angelo Bottino, come buon auspicio per il rinato Museo Archeologico di Palazzo Altemps, che si arricchisce di nuove sale nel 2009. TORNA AGLI ARTICOLI