“Colpevole di riservatezza”. Un J’accuse che Rolando Monti dichiara nel 1989, due anni prima della morte, in fondo un autogol, un’autocritica che l’artista cortonese, ma vissuto in gioventù tra Monterosso e Rapallo, scrive in una lettera indirizzata alla soprintendente della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma Augusta Monferini, per evidenziare il suo desiderio di entrare a far parte delle collezioni del museo con opere da lui stesso donate. Una rassegna sull’esperienza artistica del pittore toscano, allievo all’Accademia di Belle Arti di Firenze di Carena, grande amico del poeta statunitense Ezra Pound ed esponente con Cavalli e Capogrossi della stagione del tonalismo o della cosiddetta “Scuola Romana” degli anni Trenta, prende vita nelle sale del Museo Boncompagni Ludovisi. Cento opere, molte provenienti dall’archivio di famiglia, sono state scelte da Mariastella Margozzi e Arianna Marullo per presentare un interessante catalogo della sua ricerca coloristica esplosiva e sentimentale che si evolverà , a partire degli anni ’60 nei contrasti materici, fino ad attenuarsi nell’astrazione lirica.
La volontà di Monti di operare un rinnovamento della pittura attraverso una libertà di percezione e di immaginazione, da cui partono associazioni cromatiche che avvincono per l’intensità di un linguaggio dell’espressione audace e soggettivo, si incrocia con l’attività dei più celebrati pittori romani. Alla “IV Quadriennale”, inaugurata nella capitale nel 1942, Monti è presente con alcune tele, che tuttavia non vengono menzionate dai critici. Inizia, così la fase dell’inspiegabile negazione del suo lavoro e della cancellazione della sua adesione al gruppo dei tonalisti.