Paesaggi italiani all'epoca di Goethe di Fabiana MENDIA
Roma, Tivoli, Olevano, Napoli, Pompei, Paestum, Selinunte, Segesta. In viaggio con Goethe e i suoi amici tedeschi, collezionisti esigenti e pittori di paesaggio dediti a descrivere la realtà nelle vedute o a mitizzare le rovine e il passato. Per festeggiare i dieci anni delle attività culturali la Casa di Goethe ha allestito, nelle sale che furono frequentate dall’autore del “Faust” insieme ai compagni Tischbein, Schütz e Bury (giunto nella città eterna nel 1786) due mostre di disegni e acqueforti, con opere in gran parte provenienti dal museo romano e realizzate tra il 1780 e il 1830.
Passeggiate alla Cascata Grande, alla Cascatella Grande, alla Cascatella Piccola e al Tempio della Sibilla di Tivoli con Philipp Hackert, oppure agli Scavi della Caserma dei Gladiatori di Pompei con Cristoph Heinrich Kniep. Luoghi magici e facili da raggiungere nel primo caso, mentre per i resti dell’edificio che risaliva ai tempi di Nerone fu un vero scoop; perché Carlo III di Borbone, promotore nel 1838 dei lavori di riscoperta delle antiche città vesuviane, era gelosissimo dei rinvenimenti archeologici e non permetteva a nessuno di entrarvi. Kniep, probabilmente, non ebbe un permesso ufficiale: entrò di nascosto e con pochi schizzi fatti in fretta fu capace, tuttavia, di descrivere minuziosamente sul suo foglio dettagli di interesse antropologico e scientifico: frammenti di colonne, un cranio e delle ossa, portate alla luce proprio lì, come annota l’ambasciatore inglese William Hamilton.
Leggendo le biografie dei venti artisti, curate nel catalogo da Ursula Bongaers, Claudia Nordhoff e Norbert Miller, si rivive con grande coinvolgimento l’esperienza degli incontri tra i protagonisti del Neoclassicismo, Canova, Piranesi, Winckelmann e Mengs, con i giovani del Nord che avevano raggiunto Roma, meta d’obbligo del “Grand Tour”. Frequentano tutti l’Osteria di Ponte Molle e il Caffè Greco di via Condotti e abitano nei dintorni di Trinità dei Monti, a Palazzo Guarnieri e a villa Malta. Il centro della loro vita sociale erano gli appartamenti del consigliere di corte e studioso di antichità J. Friedrich Reiffenstein a palazzo Zuccari, in via Gregoriana e quello della pittrice Angelica Kauffmann in via Sistina 62. Si chiamano Birmann, Dies, Dietrich, Kaisermann, Koch, Kobell, Oeser, Cotta, Gmlelin, Reinhart, Mechau e diventano quasi tutti famosi e contesi tra i committenti altolocati nella città papalina e, poi, tornati in patria promossi pittori di corte. Firmano paesaggi eroici, idillici o assolutamente veristici. Riprendono il Colosseo, Castel Sant’Angelo e i più temerari si avventurano fino ai Monti Sabini e nei paesi montani di Civitella e Olevano. Alla fine dell’età dei lumi, sognavano di incontrare una natura incontaminata, popolata da pastori, capre e da una popolazione regolata dai ritmi stagionali.
(“Paesaggi italiani all’epoca di Goethe”, via del Corso 18, dalle 10 alle 18, chiuso lunedì, fino al 20 settembre, Info: 06:32650412). TORNA AGLI ARTICOLI