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Genio e tormento di un gigante di Fabiana MENDIA

Prima e dopo quel 27 maggio 1606. Una data spartiacque per comprendere e seguire il grande teatro della vita di Michelangelo Merisi da Caravaggio. Il fatto di sangue, l'assassinio di Ranuccio Tomassoni avvenne in Campo Marzio. E da questo momento cominciano le fughe, l'esilio che lo portò fuori della città eterna fino alla morte. A Roma era arrivato nel 1592 a 21 anni, dopo l'apprendistato a Milano, presso la bottega di Simone Peterzano, un pittore non particolarmente dotato, ma che aveva avuto contatti con il grande colorista veneziano, al punto da firmare su una tela: "Titianus alumnus".
All'autore che dichiara di principio del volere "imitare bene le cose naturali" e che afferma la sua convinzione che "tanta manifattura gli è a fare un quadro buono di fiori, come di figure" (nel senso di impegno pittorico) è dedicata l'uscita del primo volume dei Maestri dell'Arte, curata da Vittorio Sgarbi (da domani in edicola). Le sue riflessioni partono proprio dalla "Canestra di frutta", capolavoro indiscusso di "natura morta". Anche se Caravaggio non fu il primo inventore di questo genere artistico (considerato meno importante rispetto ai quadri di figure) fu certamente un autore che la praticò tanto e, soprattutto, la promosse. Non era interessato alla descrizione minuziosa dei fiamminghi, ma riuscì a rendere monumentali ed eroici mele bacate, mele cotogne, pesche, uva, e foglie avvizzite. Riconosceva pari dignità di tutti i dati della natura, secondo principi che trovano un immediato confronto con il pensiero scientifico contemporaneo, da Galileo a Giordano Bruno.
Un protagonista assoluto dell'arte italiana del XVII secolo, un pittore universale, al centro di dibattiti attributivi da parte dei maggiori studiosi (a partire da Longhi) è ospite, negli ultimi anni di numerose occasioni espositive, che lo portano continuamente alla ribalta. E il suo catalogo, si arricchisce continuamente di nuove tele. Partendo a ritroso, si ricordano, mostre che nel testo curato da Sgarbi e nella biografia ragionata scritta da Francesca Marini (autrice anche della lettura di 50 opere, dell'antologia delle fonti e della bibliografia) sono considerate punti di riferimento fondamentali per ricostruire la tormentata carriera dell'artista lombardo, fatta di consensi e di rifiuti clamorosi. Dall'esposizione del 2001, "Caravaggio e la collezione Giustiniani", alla prestigiosa selezione del Museo di Capodimonte, dedicata agli ultimi anni di Napoli Malta, Siracusa e Palermo. Fino alle più recenti. Di Milano, estesa anche alla sua "schola", firmata da Sgarbi. E alle due ultimissime, manifestazioni, allestite a Roma, sulle due versioni (su tela e su tavola), della "Conversione di Saulo" per la Cappella Cerasi e sulla "Chiamata dei Santi Pietro e Andrea", alla GATE di Termini. Sorprendentemente riscoperta nelle collezioni reali inglesi, dove giaceva dal 1637, quando fu acquistata per Carlo I.
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