Un calabrese a Roma. Francesco Cozza (1605-1682), di formazione meridionale, passa a Napoli gli anni giovanili, assimilando le radici culturali italiane e la cultura fiamminga che si incrociavano nella città partenopea. Un "background" inconfondibile che arricchito dall'incontro con il Domenichino, il suo primo maestro, lo porterà rapidamente a raggiungere esiti estremamente gratificanti, evidenti nella sua prima opera documentata il "San Giuseppe con il Bambino e angeli" del 1632, che gli aprirà la strada a committenze importanti, come quelle per la famiglia Colonna e Pamphili. Il suo percorso artistico viene per la prima volta presentato a Roma con venti opere autografe esposte nella Sala Regia e nella Sala delle Battaglie di Palazzo Venezia. Tele provenienti da collezioni private, da musei e chiese capitoline e da gallerie italiane, che celebrano nel IV centenario della morte, un pittore poco noto al pubblico, al centro di studi e di approfondimenti da molti anni da parte degli storici dell'arte, attenti a ricostruire l'evoluzione del Cozza: da un linguaggio marcatamente classicista, successivamente influenzato dall'incontro con Mattia
Preti, fino all'impronta di intonazione barocca della fase matura con richiami a Lanfranco. Un'artista che ha un suo carattere e una personalità segnata da una precisa cifra stilistica che non lo può far confondere con altri contemporanei, protagonisti dell'articolata stagione artistica romana . La mostra a cura del Soprintendente al Polo Museale Claudio Strinati, di Rossella Vodret e di Giorgio Leone, presenta numerosi capolavori, tra cui le tre versioni della "Fuga in Egitto", la "Madonna del Cucito", le due "Pietà", il "San Francesco confortato dall'angelo" e "La Predica del Battista". TORNA AGLI ARTICOLI