artICOLo pubblicati da fabiana mendia su



Stefano Cioffi al Museo Carlo Bilotti di Fabiana MENDIA

Che siano interruzioni poetiche avvenute un attimo dopo la fine di un azione o sguardi che fermano una realtà perdutamente vera, la fotografia di Stefano Cioffi affronta argomenti notevoli testimoniando la verità che mostra la sua grazia e incisività espressiva nelle luci che sono ombre, nelle acutezze delle geometrie spaziali.
Le 60 immagini dell'artista napoletano, raccolte nella mostra Stillwaiting, al Museo Carlo Bilotti, sono un tuffo lirico in cui, senza cromatismi, ci si può abbandonare ad osservare qualcosa di utile, attraverso l' immobilità che suggerisce un sentimento di mitezza soffiata al mondo, sugli oggetti che appartengono agli uomini, come un vento anonimo. L' assenza di piani narrativi segna una delle chiavi dell'opera di Cioffi: la visione dei suoi scatti avvia un effetto di percezione di graduale attesa emotiva, che sembra essere il preludio a un destino inappellabile di caduta, se è un oggetto, come nel caso della bottiglia di plastica immobile sui gradini . E poi c'è la questione del tempo e dell'identificazione dei luoghi, elementi che ritroviamo affermati negli scatti in bianco e nero con un risvolto a volte inquietante.
I personaggi ritratti abitano luoghi dove si può leggere poeticamente la passività di un tempo sconosciuto, dove anche i bambini sembrano essere lontani dall' infanzia. Per quanto riguarda gli spazi che descrivono cantieri, magazzini, Stefano Cioffi li descrive vuoti, colmi da passati indefiniti, che risvegliano ricordi e quindi, considerabili inevitabilmente rovine. In Stillwaiting il fotografo napoletano traccia un percorso senza metafore e senza storie, è un visionario che con ardente pazienza osserva per ore una porta che non si apre o la livida e calda luce che si appoggia su una coperta a righe.
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