Poteva essere una tela di Caravaggio. Il desiderio lecito di ogni studioso del maestro lombardo di avere l’occasione di riconoscere per primi una tela del pittore capace di liberare la propria fantasia anche in modo polemico da regole e pregiudizi impostegli dai precedenti manieristi, è irresistibile. Lydia Salvucci Insolera, docente di Storia dell’Arte cristiana all’Università Gregoriana, ha proposto dieci giorni fa sulle pagine dell’”Osservatore Romano” l’attribuzione del “Martirio di San Lorenzo”, conservato nella sagrestia della chiesa del Gesù a via degli Astalli, a Michelangelo Merisi. La scoperta è stata annunciata il 18 luglio, il giorno in cui ricorre il IV centenario della morte avvenuta a Porto Ercole e il pubblico della capitale si è messo in fila per visitare i luoghi dove si conservano i suoi capolavori: alla Galleria Borghese e nelle chiese di San Luigi dei Francesi, Sant’Agostino e Santa Maria del Popolo.
Poco più di una settimana per crederci, per approfondire le ricerche e per arrivare alle considerazioni enunciate pubblicamente da due esperti della pittura romana del XVII secolo. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, ha pubblicato ieri sulle pagine del quotidiano della Santa Sede una articolo in cui , taglia corto e con una cruda smentita scrive: “il quadro è una copia modesta di un dipinto perduto di un pittore di qualità”. Nella rosa dei probabili candidati, per il momento emerge un solo nome, Battistello Caracciolo, il più importante caravaggista napoletano.
La professoressa Salvucci Insolera è stata, forse, tratta d’inganno per quei gesti concitati dei personaggi del Martirio, che richiamano modelli del Merisi, come le sue figure che irrompono dall’alto o dai lati delle complesse e animate macchine teatrali, spesso ispirate alla vita di strada e anche per quelle espressioni estreme che spesso si concludono nell’immediatezza dell’urlo di terrore, come nel “ Sacrificio di Isacco”. E riprende Paolucci: “Bella l’idea del San Lorenzo che dialoga drammaticamente sulla graticola del suo martirio, convincenti i manigoldi che eseguono l’esecuzione”.
A conferma delle indiscutibili osservazioni sulla non eccellenza del quadro, interviene anche Alessandro Zuccari, ordinario di Storia dell’Arte Moderna de “La Sapienza”, autore di due preziosi volumi su “I Caravaggeschi” (Skira), che sottolinea due altri punti di vista fondamentali: “Il dipinto-spiega- non corrisponde per l’impostazione all’iconografia del Merisi. Inoltre, la resa chiaroscurale non è vibrante”. Lydia Salvucci Insolera affascinata da una certa percezione di realismo visibile nella tela, aveva però avanzato dei dubbi a proposito della presunta paternità al Merisi del nuovo quadro: Caravaggio e i Gesuiti a parte la commissione di una “Resurrezione”(perduta) non avevano avuto altri rapporti. Dicono le fonti. TORNA AGLI ARTICOLI