Sussulti e una forza inconscia che danno forma alle pulsioni più nascoste e profonde che evidenziano la volontà di controllare il gesto, espressione di un atteggiamento morale ed esistenziale radicale che si manifesta in un linguaggio vigoroso e in una scrittura di segni e gesti pittorici liberi e impetuosi, che si configurano come la diretta registrazione degli stati d'animo dell'artista che ha di fronte la superficie della carta porosa, spessa. Nessuna aggressività nel tracciare grovigli di linee che nella velocità apparente dell'esecuzione richiamano una teatralizzazione dell'atto creativo: per Beatrice Caracciolo la rapidità non significa abbandono dei metodi artigianali della pittura, ma si trasforma in lirismo materico o mistica della materia. Dirompe con sicurezza la raccolta di opere che rappresenta il ciclo completo della sua inventiva, degli ultimi quindici anni, ospitata nell'austerità espositiva dell'Accademia di Francia, a villa Medici.
Il contatto con il supporto appare evidente dai percorsi dei suoi tratti che incidono la superficie della carta, una materia scelta dall'artista italiana, che vive da molti anni a Parigi, trattata immergendo nell'acqua prima di essere siglata dal carboncino."Tumulti" è il titolo preferito dal curatore Olivier Berggruen che dichiara apertamente la forza e il movimento delle composizioni, che spesso concentrano nella fase mediana le pulsioni delle traiettorie, come tracciati di un sismografo, di un elettrocardiogramma, che richiamano l'acqua, la sua potenza, il suo fragore. Come nella serie "Water Marks" che precede cronologicamente le incisioni a puntasecca e acquaforte, "Cercare nella terra", calligrafiche, stenografiche, dove nel conflitto delle traiettorie e nel concentrarsi dei neri, sembra possano comporsi elementi della natura, invisibili, ma percepibili. Così nell'astrazione rappresentativa dell'opera "Polichinelle et l'aigle" ("Pulcinella e l'aquila"), ispirata al soggetto di Domenico Tiepolo, Beatrice Caracciolo orgogliosamente si confronta con la figurazione per sublimarla, poi nel foglio, la "Lotta", tumultuosa schermaglia disputata da più di una maschera del teatro napoletano, caratterizzati dai berretti a pan di zucchero. Dalla vivacità nervosa e intermittente dei lavori su carta in cui si intravedono accenni antropomorfi, alla materialità non inerme del sovrapporsi delle lamiere di zinco. Le sculture della Caracciolo si prestano a essere manipolate e a conservare sempre traccia dell'intervento dell'uomo, appaiono intrise di significati poetici, evocano il passare del tempo, ricordano le nuvole del Nevada, il mare che bagna l'Aquitania. TORNA AGLI ARTICOLI